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sabato 28 gennaio 2012

Vento

piccolo sfogo in versi, non chiamiamolo poesia (sarebbe una sopravvalutazione), minimamente autobiografico.

Poggio i remi
nel vento
volto, giro
per Dio!

Dov'è la rotta?
S'è perso,
s'è perso!
In balia del vento,
s'è perso.

Grido, strattono
il cielo
di insulti,
faccio fulmini
di bestemmie.

Ma la luce
non taglia il vento,
dov'è la via,
dove ho gettato i remi?

Come si ferma il vento,
come si bacia il vento?

mercoledì 22 giugno 2011

Maturità

Ogni anno seguo l'uscita dei titoli dell'esame di maturità, soprattutto per quanto riguarda la prima prova, con un certo interesse. Da un lato perché i responsabili della scelta cercano sempre di stupire, discostandosi dalla prevedibilità e scovando qualche opera minore (spesso comunque di gran pregio). Dall'altra, lo ammetto, anche perché è una grande gioia vivere l'esame di maturità con distacco, come un qualcosa di lontano e di passato.
Di per sé è un discorso che sembra quasi incoerente, visto che proprio oggi ho affrontato un esame in università. Ma non ho un ricordo positivissimo delle scuole superiori, sebbene mi son reso conto che ciò che ho studiato in passato mi è servito poi molto, ed altrettanto molto mi son pentito di ciò che non ho studiato (per la tipica pigrizia adolescenziale). Credo però sinceramente che non vi sia cosa peggiore dello studio di ciò che non si ama; veramente: lo studio può essere, deve essere, un piacere, un otium, la soddisfazione di una curiosità. Quando diventa un obbligo, allora il suo senso si perde nel circolo delle tante costrizioni della vita. Ho vissuto il mio esame di maturità come il climax di questa fase della vita, in cui tutto sembra un obbligo. Certo: anche affrontare l'esame di maturità mi è servito, ma l'ho capito solo col tempo. Allora mi sembrava lo scempio burocratico di un sentimento vampiristico, in cui il peso del dover conseguire un pezzo di carta mi si incollava al collo come una zecca. Quanto avrei voluto essere libero, anche di studiare (ma per mia scelta!), senza quell'ultimo spasmo di obbligatorietà. Mi sentivo già fuori dalla scuola molto, ma molto, tempo prima di esser dichiarato “maturato”. L'esame di maturità è una selva di radici che tentano di legarti ad un passato che, ormai, è già sfumato altrove.

*

Lo ammetto: questo mio commento all'esame di maturità è decisamente esistenzialistico. Forse esagerato nei termini. In effetti l'esame è in qualche modo una prova di vita, che per qualcuno scorre come il dispiego di una formalità, per qualcun altro diventa un ricordo che, più o meno, ritornerà nel corso di tutta l'esistenza (come un fantasma, un incubo). Leggete i giornali in questi giorni, e avrete il vip di turno che vi dirà la stessa cosa. Bene, lasciate che ve lo dica anch'io: l'esame è una prova, e come tale può essere affrontata in mille modi. Sta a voi.
Mi rivolgo direttamente ai maturandi. Il mio consiglio è di prenderla alla leggera, in fondo le vere prove sono altre, e l'esame può essere anche formativo. “Bella forza”, mi risponderebbero questi maturandi “è più facile a dirsi che a farsi!”. Avrebbero assolutamente ragione.

*

L'esame, con il suo orribile nome di 'maturità' (uno Stato retto da immaturi ha pure il coraggio di definirmi più o meno maturo? Vergogna!), cinicamente è proprio questo. Una prova. E cos'è l'esistenza se non un insieme di prove?
Ecco che ritorna questa similitudine abusata, e a cui nemmeno io so rinunciare. Lo scoglio artificiale, burocratico, di un esame, attraverso cui le istituzioni vogliono insegnarci ad affrontare gli scogli della vita. Anche dal punto di vista pedagogico, l'esame è proprio questo; non un metro di giudizio: salvo casi particolari, sappiamo che chi è ammesso all'esame ha già aperte le porte per le università o il mondo del lavoro.

*

Mi son divertito ad immaginarmi la commissione che ha scritto le tracce. Mi son figurato questi barbuti vecchiardi, riuniti intorno ad un tavolo di legno, fra libri e fogli di appunti, che si arrovellano a pensare su cosa proporre ai maturandi. Me li vedo: o tutti zitti sui loro fogli sudati, che non riescono a trovare la traccia adatta (che non sia uscita su internet, mi raccomando!), o che litigano fra loro, perché ognuno vorrebbe che il suo autore prediletto fosse oggetto dei commenti degli studenti. Fra tutti, proprio il tema letterario è quello che deve essere ponderato meglio: deve essere un tema che possa far riflettere, ma non deve essere scontato.
Mi immagino il vecchio professore di turno che, all'improvviso, si alza urlando “CE L'HOOO! UNGARETTI!!”.. e piovono i fischi degli altri professori: Ungaretti, che banalità! Foglie d'autunno, lui che s'illumina d'immenso; tutte cose già sentite, tutti i siti internet lo hanno già previsto; che poi la guerra non è neanche più di moda! Ora bisogna parlare di facebook. Dei reality show! (“Ehilà”, fa uno, “potremmo proporre un titolo su Andy Warhol!”).
“Ma no colleghi” riprende sicuro il primo tale “Proponiamo il commento alla poesia 'Lucca'!!!”. Silenzio generale. I vari professori si gettano sui loro libri. Uno finge un malore. Lucca? Niente foglie sugli alberi? E chi l'ha mai sentita?
“Colleghi, questa è una genialata! Proponiamo una poesia sull'esistenza, nell'esame di maturità!”. Silenzio, qualcuno bisbiglia. Uno urla: “l'ho trovata! È de 'L'Allegria'!”. “Sì certo, una poesia sulla vita, data all'esame di maturità, che è una prova di vita..”, riprende il primo “i sentimenti legati ad una città, che fanno da sfondo ad una riflessione più piena sul senso dell'esistenza. Fino alla morte”. I vari professori si guardano fra loro. Uno inizia ad applaudire. Un altro si accoda. In pochi minuti sembra di essere allo stadio, tutti che applaudono, qualcuno si alza. Standing ovation. Quello che aveva finto il malore si rianima. La traccia è scelta.

*

Domani c'è la seconda prova. Ai miei tempi scelsero una versione di Seneca che persino alcuni latinisti faticarono a tradurre. Miei cari maturandi, se ce la fate, fregatevene altamente! Sono gli ultimi spasmi di cinismo, di un sistema che vi avrà ancora per poco. Poi va beh, lì fuori c'è la vita. E quella è tutta un'altra storia. Chiedetelo ad Ungaretti!

lunedì 7 febbraio 2011

I giusti


"Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo."


[Jorge Luis Borges]


ovvero: come avere comunque fiducia nell'umanità, e nel futuro. Nonostante tutto.

martedì 28 dicembre 2010

A bordo d'un foglio

Nel mondo esistono persone che, per ciò che fanno, sembrano essere usciti dalla mente di un poeta. E' il caso di un vecchio uomo che ho conosciuto questa mattina; il volto corrucciato, la voce che sembrava corrotta forse dal troppo fumo di una vita. Biblioteca di Trento, prima mattina, gli studenti dagli occhi stanchi, io che tentavo di studiare una complicata analisi critica sul Manzoni (forse non il menù perfetto per iniziare la giornata, ma non si può scappare - in eterno - dagli obblighi). L'anziano si è seduto alla mia sinistra, ha tratto da una borsa un piccolo blocco con dei fogli bianchi. Tossendo un poco, ha iniziato a disegnare con dei gessi ed una penna; io, curioso, cercavo di spiare, facendo scivolare lo sguardo al di là del mio libro su suoi fogli. Ma non riuscivo a capire cosa stesse disegnando esattamente, perché non volevo apparire indiscreto col mio spiare. Ed invece era lui, senza che io me ne accorgessi, a spiare me, a riportare su carta i tratti ammorbiditi del mio volto. Mi ha regalato una caricatura, un ritratto, del mio viso, e per me è stato un bellissimo dono. Non ho avuto il tempo di chiedergli il nome, si è alzato tossendo, e se ne uscito dalla biblioteca.

lunedì 11 ottobre 2010

Nonna

NONNA
Sei sorta d'inverno,
coi capelli innevati,
mi tendevi la mano,
se cadevo sul ghiaccio.

Ti chiedevo del gelo,
mi rispondevi di camminare,
t'imploravo un sorso di sole,
non rispondevi nemmeno.

Fumavi il cielo,
e si trasformava in nuvole,
continuavi a camminare,
ed io ti seguivo.

Ti sei fermata su un prato,
ti ho chiesto dov'eravamo,
tu m'hai detto "a casa".

"Che casa?", ho chiesto,
"La tua casa" mi hai risposto,
"Questa è la primavera".

E sei sparita.
Daniele Erler
 
- ho preso questo vizio. La seconda poesia della mia vita -.

domenica 10 ottobre 2010

Vuoti a rendere

VUOTI A RENDERE
I pensieri sono insorti,
salpano nei greti,
si perdono sulle rive.

Cercano pescatori
con ami di cellule,
ed occhi e lacrime.

La carta l’inchiostra,
ma non è una prigione,
hanno ali per volare,
ed altre vite in cui vivere.
Daniele Erler
 
- sì beh son io, ma voglio sia chiara la mia colpa -.

mercoledì 1 settembre 2010

The Mask




*
"Tògli quella maschera d'oro ardente
Con gli occhi di smeraldo".


"Oh no, mio caro, tu vuoi permetterti


Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
Benché non freddi".


"Volevo solo scoprire quel che c'è da scoprire,
Amore o Inganno".
"Fu la maschera ad attrarre la tua mente,
E poi a farti battere il cuore,
Non quel che c'è dietro".


"Ma io debbo indagare per sapere
Se tu mi sia nemica".
"Oh no, mio caro, lascia andar tutto questo; 
Che importa, purché ci sia fuoco 
In te, in me?"


[W. B. Yeats]

lunedì 12 luglio 2010

Ti ruberò al cielo stanotte



Tu parlavi spesso del mare,
ora è il mare a parlare,
non vedi che le onde hanno 
il tuo nome, o il tuo nome,
sì il tuo nome è l’eco delle onde.

Tu poi parlavi spesso del sole,
ma il sole s’è spento stasera,
se n’è già andato a dormire,
portandoti via con i suoi sogni
tu che anche il sole fai sognare.

Dovrei dirti più spesso che sei bella
ma che senso hanno queste parole
senza il colore dei nostri occhi,
occhi nati per starsi a guardare.
Ti ruberò al cielo stanotte.


giovedì 8 luglio 2010

Progressione


Con un colpo di gomito hai fatto volare un bicchiere
s'è infranto sul pavimento una volta due volte quattro
volte sedici trentadue sessantaquattro oltre cento
il fragore si moltiplica in esatta accelerazione
un susseguirsi di onde gremite di schegge di vetro.


Occorre stare più accorti più sobri per l'ora di cena
la progressione geometrica è la eco del tuo spavento
spavento di vivere quando dalla tavola un bicchiere
s'infrange al suolo e il fragore si ripete sempre crescendo
in percussioni assordanti senza sosta senza orizzonti.


T. SCIALOJA, "Progressione", in Le costellazioni, Venezia: Marsilio, 1997.

domenica 11 gennaio 2009

Dieci anni dopo la morte di un poeta

Prendi la tua tristezza in mano
e soffiala nel fiume
vesti di foglie il tuo dolore
e coprilo di piume.

[Faber]

venerdì 1 agosto 2008

Silence poisons the soul

Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
tutto perché dicevo il mio pensiero,
e affrontavo quelli che mancavano verso di me
con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo
segreti affanni o rancori.
E'assai lodato l'atto del ragazzo spartano,
che si nascose il lupo sotto il mantello,
lasciandosi divorare, senza lamentarsi.
E'più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo
e lottare con lui all'aperto, magari per strada,
tra polvere e ululi di dolore.
La lingua è magari un membro indisciplinato -
ma il silenzio avvelena l'anima.
Mi biasimi chi vuole - io sono contento.


Edgar Lee Masters, Dorcas Gustine, in Antologia di Spoon River, Einaudi, 1993, p. 89