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venerdì 16 dicembre 2011
Pogrom moderni: gli Italiani sono razzisti? Ed i Trentini?
Mio articolo pubblicato qui: http://www.larotaliana.it/home/i-commenti/item/1475-pogrom-moderni-gli-italiani-sono-razzisti?-ed-i-trentini?.html
Trento - Pensavo di iniziare questo articolo con una premessa: gli storici sono indispensabili alla società; gli storici permettono di comprendere meglio sia il passato, sia il presente. Sarebbe stato contento l'amico Andrea, che su queste pagine (e non solo) scrive proprio di storia. Ma qualcuno, che si è avventurato sulle nostre modeste biografie nella pagina della Redazione, si sarebbe accorto che anch'io sono ormai prossimo alla laurea in storia, e sarebbe così crollato tutto il palco, e si sarebbe compreso che non posso essere del tutto oggettivo.
CAUSE PERSE - Ed allora al diavolo il cappello introduttivo; non diamo a tutti gli storici l'onore di essere esaltati in un articolo de laRotaliana.it. Lasciate però che vi consigli un libro, che, da solo, vale ben più di ogni parola che potrei spendere in questo senso. Sto parlando di Cause Perse, un diario civile, di Adriano Prosperi, uscito lo scorso anno (2010) per Einaudi.
LO STORICO - Adriano Prosperi è professore ordinario di Storia moderna alla Scuola Normale di Pisa; ha scritto Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (Einaudi, 1996), forse uno dei libri più belli della storiografia contemporanea. A lui si devono degli studi fondamentali sul mondo degli eretici e l'inquisizione, sulla Riforma, sulla Controriforma, sulla cultura in età moderna, sullo stesso Concilio di Trento. Prosperi è insomma un uomo d'alta dignità accademica, apprezzato in tutto il mondo per le sue qualità intellettuali.
IL TESTIMONE - Ma Prosperi non è rimasto confinato sulla cattedra universitaria; in parte grazie al suo carisma e le sue capacità di scrittore, in parte anche grazie all'intuito di chi lo ha ospitato, lo storico ha smesso di scrivere soltanto del passato, ed ha iniziato a riflettere anche sul presente. Cause Perse è proprio questo: la raccolta di una serie di editoriali che l'autore ha pubblicato sul quotidianoLa Repubblica, e che trattano di argomenti di attualità, commentati con lo sguardo dello studioso.
ITALIANI RAZZISTI - Come sottolinea Giuseppe Marcocci nella postfazione al libro, il vero impegno civile del testimone Prosperi nasce da una domanda, fondamentale, che non può evitare di porsi: «Come e perché gli italiani sono diventati razzisti?». L'interrogativo parte dalla cronaca, da quel giorno del maggio 2008 in cui si diffuse la notizia che una giovane donna rom avrebbe tentato di rapire una bambina di sei mesi; gli abitanti del quartiere Ponticelli a Napoli appiccarono il fuoco alle baracche del vicino campo. La notizia di allora è in questi giorni tornata tristemente di grande attualità. Da una parte per il folle omicida Gianluca Casseri, il militante di destra che martedì scorso (13 dicembre), a Firenze, ha aperto il fuoco contro i senegalesi, uccidendone due e ferendone altri tre. Dall'altra per quanto è avvenuto a Torino, dove una ragazzina di sedici anni che ha perso la verginità in un rapporto consensuale con il suo ragazzo, ha pensato di rimediare alla sua “onta” accusando di stupro degli zingari romeni. Accusa inventata, ma che, come era avvenuto nel 2008 a Ponticelli, ha portato una folla di circa 500 persone a bruciare le baracche del vicino campo. A quanto scrive il Corriere, quando i Vigili del Fuoco hanno cercato d'intervenire, i manifestanti si sono intromessi, urlando che gli zingari dovevano bruciare.
POGROM MODERNO – La definizione che meglio si addice a fenomeni di questo genere, secondo Prosperi, è quella di “pogrom moderno”. «Da oggi», scriveva Prosperi all'indomani di quanto accaduto a Napoli, «la parola “pogrom” ha cessato di indicare solo tragedie di altri tempi e di altri popoli per diventare la definizione di atti compiuti da folle di italiani». Leggendo quanto Prosperi scrive, riusciamo a tracciare un'inquietante similitudine su quanto avveniva in un passato che ci sembra fieramente lontano, e la realtà di ciò che ancor oggi leggiamo sui giornali. «Ci sono altre storie», continua Prosperi «che hanno un sapore tristemente familiare: quella del bambino rom che non vuole più andare a scuola perché i compagni lo escludono dal gruppo e dicono che è sporco, che puzza. Anche per gli ebrei dei secoli scorsi si diceva che fossero sporchi e riconoscibili dall'odore; ma lo dicevano coloro che prima li avevano chiusi negli spazi stretti e senza acqua dei ghetti».
TRENTINI RAZZISTI – Anche Trento ha la sua triste tradizione di antisemitismo. Il caso più celebre è quello del piccolo Simone, che sin dalla prima età moderna e fino al 1965 era venerato come beato. La credenza popolare, sostenuta dall'allora vescovo Johannes Hinderbach, voleva che il fanciullo fosse stato ucciso dalla comunità ebraica locale. Gli Ebrei trentini furono torturati, costretti alla confessione e poi uccisi. Il Simonino fu chiamato Santo, e gli si attribuirono anche dei miracoli. Ma ora che finalmente il culto del Simonino è stato decanonizzato, e che anche Trento sembra aver richiuso certe ignoranze popolari nello scrigno del passato, nella nostra città si è definitivamente sconfitta la xenofobia?
In un articolo per QT di qualche anno fa, e che ancora si può leggere in internet, Mattia Pelli rifletteva sulla notizia dell'arresto di due nomadi, la cui “gravissima” colpa era stata quella di aggirarsi «con fare sospetto» nell'area Ex Zuffo. Sul percorso della ferrovia Trento-Malè-Marileva, la famosa “vaca nonesa”, la fermata di Lamar è proprio vicino ad un campo nomadi; nel corso dei miei viaggi mi è capitato spesso di sentire commenti, da parte di giovani ragazzi o di distinte vecchine, che poco si discostano da quelli dei manifestanti di Torino.
Questi, piccoli indizi presi dal mucchio, sono davvero segnali d'allarme? C'è davvero il pericolo che anche Trento si risvegli, un giorno, infestata dal fumo di un “pogrom moderno”?
Trento - Pensavo di iniziare questo articolo con una premessa: gli storici sono indispensabili alla società; gli storici permettono di comprendere meglio sia il passato, sia il presente. Sarebbe stato contento l'amico Andrea, che su queste pagine (e non solo) scrive proprio di storia. Ma qualcuno, che si è avventurato sulle nostre modeste biografie nella pagina della Redazione, si sarebbe accorto che anch'io sono ormai prossimo alla laurea in storia, e sarebbe così crollato tutto il palco, e si sarebbe compreso che non posso essere del tutto oggettivo.
CAUSE PERSE - Ed allora al diavolo il cappello introduttivo; non diamo a tutti gli storici l'onore di essere esaltati in un articolo de laRotaliana.it. Lasciate però che vi consigli un libro, che, da solo, vale ben più di ogni parola che potrei spendere in questo senso. Sto parlando di Cause Perse, un diario civile, di Adriano Prosperi, uscito lo scorso anno (2010) per Einaudi.
LO STORICO - Adriano Prosperi è professore ordinario di Storia moderna alla Scuola Normale di Pisa; ha scritto Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (Einaudi, 1996), forse uno dei libri più belli della storiografia contemporanea. A lui si devono degli studi fondamentali sul mondo degli eretici e l'inquisizione, sulla Riforma, sulla Controriforma, sulla cultura in età moderna, sullo stesso Concilio di Trento. Prosperi è insomma un uomo d'alta dignità accademica, apprezzato in tutto il mondo per le sue qualità intellettuali.
IL TESTIMONE - Ma Prosperi non è rimasto confinato sulla cattedra universitaria; in parte grazie al suo carisma e le sue capacità di scrittore, in parte anche grazie all'intuito di chi lo ha ospitato, lo storico ha smesso di scrivere soltanto del passato, ed ha iniziato a riflettere anche sul presente. Cause Perse è proprio questo: la raccolta di una serie di editoriali che l'autore ha pubblicato sul quotidianoLa Repubblica, e che trattano di argomenti di attualità, commentati con lo sguardo dello studioso.
ITALIANI RAZZISTI - Come sottolinea Giuseppe Marcocci nella postfazione al libro, il vero impegno civile del testimone Prosperi nasce da una domanda, fondamentale, che non può evitare di porsi: «Come e perché gli italiani sono diventati razzisti?». L'interrogativo parte dalla cronaca, da quel giorno del maggio 2008 in cui si diffuse la notizia che una giovane donna rom avrebbe tentato di rapire una bambina di sei mesi; gli abitanti del quartiere Ponticelli a Napoli appiccarono il fuoco alle baracche del vicino campo. La notizia di allora è in questi giorni tornata tristemente di grande attualità. Da una parte per il folle omicida Gianluca Casseri, il militante di destra che martedì scorso (13 dicembre), a Firenze, ha aperto il fuoco contro i senegalesi, uccidendone due e ferendone altri tre. Dall'altra per quanto è avvenuto a Torino, dove una ragazzina di sedici anni che ha perso la verginità in un rapporto consensuale con il suo ragazzo, ha pensato di rimediare alla sua “onta” accusando di stupro degli zingari romeni. Accusa inventata, ma che, come era avvenuto nel 2008 a Ponticelli, ha portato una folla di circa 500 persone a bruciare le baracche del vicino campo. A quanto scrive il Corriere, quando i Vigili del Fuoco hanno cercato d'intervenire, i manifestanti si sono intromessi, urlando che gli zingari dovevano bruciare.
POGROM MODERNO – La definizione che meglio si addice a fenomeni di questo genere, secondo Prosperi, è quella di “pogrom moderno”. «Da oggi», scriveva Prosperi all'indomani di quanto accaduto a Napoli, «la parola “pogrom” ha cessato di indicare solo tragedie di altri tempi e di altri popoli per diventare la definizione di atti compiuti da folle di italiani». Leggendo quanto Prosperi scrive, riusciamo a tracciare un'inquietante similitudine su quanto avveniva in un passato che ci sembra fieramente lontano, e la realtà di ciò che ancor oggi leggiamo sui giornali. «Ci sono altre storie», continua Prosperi «che hanno un sapore tristemente familiare: quella del bambino rom che non vuole più andare a scuola perché i compagni lo escludono dal gruppo e dicono che è sporco, che puzza. Anche per gli ebrei dei secoli scorsi si diceva che fossero sporchi e riconoscibili dall'odore; ma lo dicevano coloro che prima li avevano chiusi negli spazi stretti e senza acqua dei ghetti».
TRENTINI RAZZISTI – Anche Trento ha la sua triste tradizione di antisemitismo. Il caso più celebre è quello del piccolo Simone, che sin dalla prima età moderna e fino al 1965 era venerato come beato. La credenza popolare, sostenuta dall'allora vescovo Johannes Hinderbach, voleva che il fanciullo fosse stato ucciso dalla comunità ebraica locale. Gli Ebrei trentini furono torturati, costretti alla confessione e poi uccisi. Il Simonino fu chiamato Santo, e gli si attribuirono anche dei miracoli. Ma ora che finalmente il culto del Simonino è stato decanonizzato, e che anche Trento sembra aver richiuso certe ignoranze popolari nello scrigno del passato, nella nostra città si è definitivamente sconfitta la xenofobia?
In un articolo per QT di qualche anno fa, e che ancora si può leggere in internet, Mattia Pelli rifletteva sulla notizia dell'arresto di due nomadi, la cui “gravissima” colpa era stata quella di aggirarsi «con fare sospetto» nell'area Ex Zuffo. Sul percorso della ferrovia Trento-Malè-Marileva, la famosa “vaca nonesa”, la fermata di Lamar è proprio vicino ad un campo nomadi; nel corso dei miei viaggi mi è capitato spesso di sentire commenti, da parte di giovani ragazzi o di distinte vecchine, che poco si discostano da quelli dei manifestanti di Torino.
Questi, piccoli indizi presi dal mucchio, sono davvero segnali d'allarme? C'è davvero il pericolo che anche Trento si risvegli, un giorno, infestata dal fumo di un “pogrom moderno”?
mercoledì 27 gennaio 2010
27 gennaio
Ci sono dei rischi a mio avviso nel concetto di “giornata della memoria”, non che celebrare un ricordo e farlo ammonimento sia di per sé sbagliato, né oso erigermi a voce fuori dal coro. Premetto insomma, per non essere frainteso, che è giustissimo ricordare l'anniversario della liberazione di Auschwitz come giornata che ispiri alla riflessione sulle tragedie e le colpe dell'umanità.
Ma il primo rischio è di stigmatizzare un evento passato e sentirlo nel ricordo come un qualcosa di distante, avvenuto ineluttabilmente quasi fosse un peccato originale. Una macchia che è giusto condannare, ma che appartiene ad una cultura sbagliata e così lontana. Come il massacro dei nativi americani, che probabilmente ormai le nuovissime generazioni dimenticano in media come la stessa data della scoperta dell'America.
E' vero che ciò che è accaduto è un parto (anzi, un aborto) di un preciso momento storico, che come tale è irripetibile per filo e per segno. Ma questo non significa che anche oggi non avvengano nel mondo soprusi, genocidi, colpe di un'umanità crudele e sempre costantemente colpevole. Nel mondo ci sono dei momenti in cui l'opinione pubblica viene presa e scrollata, attimi in cui chi è sempre così cieco si sveglia all'improvviso. Il 27 gennaio 1945 è successo proprio questo, ed è giusto che una volta all'anno l'uomo si ricordi di quanto faccia schifo. E' un po' quello che è successo ad Haiti a causa del terremoto, che non ha fatto altro che massacrare e squarciare una popolazione che stava già morendo di fame, svegliando un'opinione pubblica che prima quando sentiva la parola Caraibi pensava solo a spiagge bianche e scenari da favola.
Il secondo rischio di una “giornata della memoria” è quindi direttamente conseguenziale: è quello di prendere un simbolo come quello della Shoah, e dimenticarsi di tutto il resto. Il 27 gennaio che diviene il momento di una catarsi – nel senso aristotelico -, il momento ovvero in cui il Mondo si ferma a ricordare la tragedia più grande, per uscirne purificato e con la coscienza rinata. Come il bambino che il 24 dicembre se ne sta buono, perché Babbo Natale sta arrivando e non sia mai che porterà del carbone con sé! La differenza, in realtà, è che la colpa di un bambino può essere solo quella di essere un po' discolo..la colpa di certi uomini, invece..
Il 27 gennaio non deve insomma diventare il pretesto per dimenticare ricordando, o ricordare per nascondere. Non dev'essere solo il giorno in cui si riflette sulle parole di Anna Frank o Primo Levi, ma il punto di partenza per vivere amando il bene ed odiando il male. Il 27 gennaio, come ogni giorno.
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