Visualizzazione post con etichetta citazioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta citazioni. Mostra tutti i post

lunedì 7 febbraio 2011

I giusti


"Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo."


[Jorge Luis Borges]


ovvero: come avere comunque fiducia nell'umanità, e nel futuro. Nonostante tutto.

sabato 18 settembre 2010

Fotografia digitale (democrazia dell'immagine)

"L'avvento della foto digitale ha contribuito a rivoluzionare la comunicazione dell'era moderna. Non tanto e non solo dal punto di vista quantitativo e - almeno in parte - anche qualitativo, bensì come processo di "democratizzazione". Grazie a una tecnologia avanzata oggi centinaia di milioni di persone possono scattare immagini e metterle in comune attraverso internet. (…) E' evidente che l'immagine di qualità presuppone altri tempi, altra preparazione. La democrazia dell'immagine non cammina di pari passo con la virtù, con l'eccellenza. (…) Perché se è vero che oggi, grazie al digitale, siamo capaci tutti di scattare immagini "passabili", pochi però sono quelli in grado di renderle uniche e irripetibili."

GUGLIELMO PEPE, "Qui Italia", National Geographic Italia, Vol. 26 N. 3, Settembre 2010
foto di Vincent Laforet, con una Canon5DmII

lunedì 13 settembre 2010

Determinate aree…

domenica 5 settembre 2010

La crisi dell'Editoria (quella con la E)




"L’editoria, non solo quella italiana ma mondiale, si indirizza a un non lettore. Gira e rigira, è la demagogia del cliente, è l’acchiappare gli sfigati e le sfigate che nel libro cercano il passatempo, la consolazione, la cabala rivelata dell’amore, del sogno nel cassetto ovvero dell’assassinio di una vita, il chip misticheggiante per far ripartire alla meglio la loro arrugginita macchina ghiandolare."

Aldo Busi

(M. Cavalli, Aldo Busi: "Io e il caso Mondadori", Oggi 36, pp. 28-32) // 
intervista completa disponibile online: qui

mercoledì 1 settembre 2010

The Mask




*
"Tògli quella maschera d'oro ardente
Con gli occhi di smeraldo".


"Oh no, mio caro, tu vuoi permetterti


Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
Benché non freddi".


"Volevo solo scoprire quel che c'è da scoprire,
Amore o Inganno".
"Fu la maschera ad attrarre la tua mente,
E poi a farti battere il cuore,
Non quel che c'è dietro".


"Ma io debbo indagare per sapere
Se tu mi sia nemica".
"Oh no, mio caro, lascia andar tutto questo; 
Che importa, purché ci sia fuoco 
In te, in me?"


[W. B. Yeats]

giovedì 8 luglio 2010

Progressione


Con un colpo di gomito hai fatto volare un bicchiere
s'è infranto sul pavimento una volta due volte quattro
volte sedici trentadue sessantaquattro oltre cento
il fragore si moltiplica in esatta accelerazione
un susseguirsi di onde gremite di schegge di vetro.


Occorre stare più accorti più sobri per l'ora di cena
la progressione geometrica è la eco del tuo spavento
spavento di vivere quando dalla tavola un bicchiere
s'infrange al suolo e il fragore si ripete sempre crescendo
in percussioni assordanti senza sosta senza orizzonti.


T. SCIALOJA, "Progressione", in Le costellazioni, Venezia: Marsilio, 1997.

mercoledì 23 dicembre 2009

Riflessione sulla casta politica italiana.

"Ci sono un bel po' di piedi di mulo lì in mezzo, disse.
Come?
Piedi di mulo. Direi che ci sono parecchie centinaia di capi solo di quelli, e non è una varietà di maiali facile da trovare.
Cos'è un piede di mulo? chiese Holme.
Il mandriano socchiuse gli occhi con aria professionale. E' un maiale di montagna che viene dal nord della regione. Ne avete mai visto uno?
No.
Ha il piede come quello di un mulo.
Volete dire che non ha lo zoccolo fesso?
Niente fessura, già.
Io non l'ho mai visto, un maiale del genere, disse Holme.
La cosa non mi sorprende, commentò il mandriano. Ma potete vederne uno adesso, se vi interessa.
Mi piacerebbe, disse Holme.
Il mandriano cambiò di nuovo appoggio all'asta. Sembrerebbe che questo non sia in accordo con la bibbia, che ne dite?
Di che cosa?
Di quei maiali. Del fatto che sono animali impuri proprio perché hanno il piede fesso.
Questa non l'ho mai sentita, disse Holme.
Io l'ho sentito predicare in un sermone, tempo fa. Da un tizio che la sapeva lunga sull'argomento. Disse che il diavolo aveva il piede come quello di un maiale. Sosteneva che questo era scritto nella bibbia, perciò immagino che sia vero.
Eh sì.
Diceva che per questo un ebreo non mangerebbe mai carne di porco.
Cos'è un ebreo?
Sono quel popolo antico di cui parla la bibbia. Ma questo non spiega la faccenda dei maiali piedi di mulo, no? Cosa dobbiamo pensare?
Non lo so, rispose Holme. Cosa dobbiamo pensare?
Be', è un maiale o no? Stando alla bibbia.
Io direi che un maiale sarebbe un maiale anche se i piedi non li avesse proprio.
Sarei anch'io di questa idea, disse il mandriano, perché se mai avesse i piedi ti aspetteresti che fossero piedi di maiale. E' come dire che se tu avessi un maiale senza testa sapresti comunque che è un maiale. Ma se ne vedessi uno andarsene in giro con una testa di mulo, rimarresti proprio senza parole.
E' vero, assentì Holme.
Sissignore. E' una cosa che fa pensare parecchio, a proposito della bibbia, e anche a proposito dei maiali, no?
Già, disse Holme.
Ho studiato parecchio la faccenda, ma non mi riesce di arrivare a una conclusione né in un senso né nell'altro.
No.
Il mandriano si accarezzò la barba e annuì. Già i maiali sono un mistero per conto loro, disse. Cosa sappiamo, del maiale? Non molto. E' da quando ero alto così che vano in giro con i maiali, eppure non sono mai riuscito a capirli davvero. E sono sicuro che tanti altri hanno avuto la stessa esperienza. Un maiale è un maiale. Puro e semplice. E questo è tutto quello che possiamo dire di lui. E sono furbi, non pensate che non lo siano. Furbi come il diavolo. E non fatevi ingannare se ne trovate uno che non ha il piede spaccato, perché è diabolico anche lui."

Cormac McCarthy, Il buio fuori, Torino: Einaudi, 1997, pp. 182-183 (traduzione di R. Montanari da C. McCarthy, Outer Dark, 1968)

martedì 6 ottobre 2009

Il potere del sesso

"Essere casti, vivere senza sesso, be', come digerirai le sconfitte, i compromessi, le frustrazioni? Guadagnando di più, guadagnando tutti i soldi che puoi? Questo aiuta, ma è niente rispetto all'altra cosa. Perché l'altra cosa si radica nel tuo essere fisico, nella carne che nasce e nella carne che muore. Perché solo quando scopi riesci a vendicarti, anche se solo per un momento, di tutto ciò che non ami nella vita e di tutte le cose che nella vita ti hanno sconfitto. Solo allora sei più nettamente vivo e più nettamente te stesso. La corruzione non è il sesso: è il resto. Il sesso non è semplice frizione e divertimento superficiale. Il sesso è anche la vendetta sulla morte. Non dimenticartela, la morte. Non dimenticarla mai. Sì, anche il sesso ha un potere limitato. So benissimo quanto è limitato. Ma dimmi, quale potere è più grande?"

Philip Roth, L'animale morente, Torino: Einaudi, 2002
(traduzione di V. Mantovani, da The Dying Animal, 2001), p. 52

martedì 8 settembre 2009

Libertino fra gli eruditi

"Un detto attribuito a un egotista di chiara fama come Lord Byron fa colpo su di me con la sua melliflua saggezza, riassumendo in sole sei parole quello che già allora mi sembra un dilemma morale di insuperabili proporzioni. Con una certa audacia strategica, lo cito ad alta voce alle compagne che mi resistono sostenendo che sono troppo intelligente per certe cose. – Studioso di giorno, - le informo – dissoluto di notte -. Scopro presto che è meglio sostituire “dissoluto” con “voglioso” – dopotutto non mi trovo in un palazzo veneziano, ma in un campus nel Nord dello Stato di New York, e non mi posso permettere di sconvolgere queste ragazze più di quanto già non faccia con il mio “vocabolario” e la mia crescente reputazione di “solitario”. Leggendo Macaulay per Inglese 203, mi imbatto nella sua definizione di Steele, il collaboratore di Addison, e “Eureka!”, esclamo, perché ecco un’altra prestigiosa giustificazione per i miei alti voti e i miei bassi deliri. “Un libertino fra gli eruditi, un erudito fra i libertini”. Perfetto! Me lo attacco in bacheca, accanto alla citazione di Byron, subito sopra i nomi delle ragazze che ho in mente di sedurre, una parola le cui più profonde risonanze non derivano per me dalla pornografia e nemmeno dai rotocalchi, ma dalla tormentata lettura di Enten-Eller di Kierkegaard."

Philip Roth, The Professor of Desire, 1977
ed. italiana Il professore di desiderio, 2009
Einaudi Editore, traduzione di Norman Gobetti

lunedì 7 settembre 2009

Libertà?

I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.
Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo
François-Marie Arouet "Voltaire" - attribuita da Stephen G. Tallentyre

martedì 19 maggio 2009

Ai bordi della strada

L’idea che lo sforzo creativo e le sostanze che alterano la mente siano strettamente legate è una delle grandi mistificazioni pop-intellettuali del nostro tempo. I queattro scrittori del ventesimo secolo il cui lavoro è soprattutto responsabile di questa mitologia sono probabilmente Hemingway, Fitzgerald, Sherwood Anderson e il poeta Dylan Thomas. Sono gli autori a cui dobbiamo principalmente la nostra visione di una landa esistenziale di lingua inglese, dove le persone si sono isolate individualmente in un’atmosfera di strangolamento emotivo e disperazione. Sono concetti molto familiari alla maggioranza degli alcolisti; la reazione comune a essi è divertita sufficienza. Lo scrittore tossicodipendente è nient’altro che un tossicodipendente, sono tutti in altre parole comunissimi ubriaconi e drogati. La pretesa che droghe e alcool siano necessari per sopire una sensibilità più percettiva non è che la solita stronzata auto giustificativa. L’ho sentito dichiarare anche a conducenti alcolisti di spazzaneve, che bevono per zittire i demoni. Non importa se sei James Jones, John Cheever o un barbone avvinazzato che russa alla Penn Station; per un intossicato, il diritto al liquore o alla droga che ha scelto va semplicemente preservato a tutti i costi. Hemingway e Fitzgerald non bevevano perché erano creativi, diversi o moralmente deboli. Bevevano perché è quello che fanno gli alcolisti. Probabilmente è vero che le persone creative sono più vulnerabili di altri all’alcolismo e alla dipendenza dagli stupefacenti, e allora? Siamo tutti uguali quando vomitiamo ai bordi della strada.

[S. King, On Writing, Sperling & Kupfer, 2001, pp. 92-93]

Dedicato a chi ancora si autogiustifica. Non a me stesso, per fortuna.

sabato 21 marzo 2009

La Cura

21 MARZO 2008 - 21 MARZO 2009 - ....

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via,
dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti sollleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
dalle ossessioni delle tue manie.

Supererò le correnti gravitazionali
lo spazio e la luce per non farti invecchiare;
e guarirai da tutte le malattie.
Perchè sei un essere speciale
ed io avrò cura di te.

[...]

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza,p
ercorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'Agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto,
conosco le leggi del mondo e te ne farò dono.

Supererò le correnti gravitazionali
lo spazio e la luce per non farti invecchiare;
e guarirai da tutte le malattie.
Perchè sei un essere speciale
ed io avrò cura di te.

Sì, avrò cura di te.


venerdì 13 febbraio 2009

Perché ho il diritto di scegliere della mia morte

di Umberto Eco

BENCHÉ il problema mi turbasse molto, e forse proprio per questo, ho cercato negli ultimi mesi di non pronunciare alcun giudizio o opinione sul caso Englaro, per molte e sensate ragioni, ma anzitutto perché non volevo partecipare alla canea di chi stava sfruttando per ragioni ideologiche, da una parte e dall' altra, la vicenda di una sventurata ragazza e della sua famiglia. Quando il presidente del Consiglio ha preso pretesto dal caso per tentare uno dei suoi ormai reiterati attacchi alla Costituzione, sono intervenuto con Libertà e Giustizia, in piazza, e mi sono unito agli appelli alla vigilanza. Ma nelle poche interviste che non ho potuto evitare ho sempre detto che le poche centinaia di persone che erano con me davanti a palazzo di Giustizia a Milano non erano lì a manifestare sul caso Englaro, perché ero pronto a scommettere che se si fosse fatta la conta si sarebbe visto che metà la pensavano in un modo e metà nell' altro, ma per protestare contro l' attacco al presidente della Repubblica, attentato bonapartista (ringrazio Ezio Mauro per aver rievocato questo precedente) su cui tutti erano d' accordo. Adesso, sfogliando le gazzette, mi rendo conto come sia difficile dividere questi due problemi e quanta sottigliezza politologica, giuridica e (permettetemi) morale ci voglia a capire quanto i due problemi siano diversi. Ma cosa si può pretendere da chi, come accadeva secoli fa con Terenzio e gli orsi, ha preferito il Grande Fratello alla discussione su questi casi? Così mi sono trovato citato tra coloro che sul caso Englaro avevano idee chiare e decise. Intervengo per dire che non le avevo, altrimenti le avrei espresse. Solo che, ora che la ragazza è morta, forse si può parlare di questi problemi senza temere di far sciacallaggio su un corpo in sofferenza. In effetti non intendo parlare della morte di Eluana Englaro. Voglio piuttosto parlare della mia morte, e ammetterete che in questo caso ho qualche diritto all' esternazione. Dovendo parlare della morte mia, e non di quella altrui, non posso non citare alcuni aspetti della mia vita, tra cui il fatto che qualche anno fa ho scritto un romanzo intitolato La misteriosa fiamma della regina Loana, dove il protagonista, dopo un primo incidente cerebrale per cui perdeva la memoria, cadeva nuovamente in coma. Non so se scrivendo volessi affermare qualcosa di scientificamente valido o cercassi solo un pretesto narrativo, ma fatto sta che ho impiegato più di cento pagine a far monologare il mio personaggio ormai in coma (non avevo allora calcolato se ridotto a vegetale, imputato di morte cerebrale o in coma eventualmente reversibile - segno che non avevo precise preoccupazioni scientifiche). In ogni caso il personaggio, in quello stato che chiamerò di "vita sospesa", pensava, ricordava, desiderava, si commuoveva. Sapeva benissimo che probabilmente i suoi cari lo credevano ridotto allo stato di una rapa, o al massimo di un cagnolino dormiente, ma si accorgeva che i medici sanno pochissimo di quanto succede nel nostro funzionamento mentale, e che forse dove essi vedono un encefalogramma piatto noi continuiamo a pensare, che so, coi rognoni, col cuore, coi reni, col pancreas... Questa era la mia finzione letteraria (per calmare coloro che dall' eccezionale si attendono tutto, dirò che alla fine il mio personaggio sprofondava nel buio) ma devo dire che se l' avevo pensata era perché un poco ci credevo. Non sono sicuro che là dove gli strumenti scientifici di oggi vedono solo una terra piatta, e una assenza di anima, ci sia del tutto assenza di pensiero - e lo dico con sereno materialismo, non perché ritenga che un' anima sopravviva alla morte delle nostre cellule ma perché non mi sento di escludere che - morte e definitivamente alcune cellule - altre non sopravvivano e prendano il controllo della situazione, testimoniando di una straordinaria plasticità non del nostro cervello (questo ormai lo sanno tutti) ma del nostro corpo. Insomma, siccome sospetto che quando si è sani si pensi anche con l' alluce, allora perché no quando il cervello non dà segni di vita? Non farei una comunicazione in merito a un congresso scientifico, ma in qualche modo ci credo. Visto che c' è gente che crede al cornetto rosso lasciatemi credere a questo. Ora che cosa vorrei, se se mi trovassi in una situazione del genere? A cercare proprio col lanternino tutte le possibilità credo proprio che esse si riducano a tre. Prima possibilità, sopravviverei come una rapa, senza coscienza, senza poter dire "io", reagendo al massimo a qualche modificazione dell' umidità atmosferica, come se fossi una colonnina di mercurio. In effetti a queste condizioni non sarei più "io", ma appunto una rapa e non vedo perché dovrei preoccuparmi di me. La seconda possibilità è che in quello stato si riviva tutto il proprio passato, si torni all' infanzia, si abbiano visioni e si realizzino quelli che in vita erano stati i nostri desideri, insomma si viva una sorta di sogno paradisiaco. È un poco quel che accade al personaggio del mio romanzo, ma poi purtroppo anche lui cala nelle tenebre. La terza ipotesi è la più angosciante, è che in quella vita sospesa ci si interroghi su cosa faranno e penseranno di noi i nostri cari, si riviva col cuore in gola gli ultimi momenti di coscienza, si tema per l' orrido futuro che ci attende, o addirittura ci si consumi come ha fatto mia madre negli ultimi dieci anni che è sopravvissuta a mio padre, raccontando a noi figli, ogni volta che poteva, come era stata orribile la notte in cui mio padre era stato colto da infarto, e se non fosse stata colpa sua che aveva preparato una cena forse troppo pesante. Questo sarebbe l' inferno - e ho accolto quasi con sollievo la morte di mia madre perché sapevo che stava uscendo da quell' inferno. Adesso facciamo una botta di conti alla Pascal. Di tre possibilità solo una è gradevole, le altre due sono negative. In termini di roulette (e sui grandi numeri, tipo diciassette anni di vita sospesa) si è già perso in partenza. Ma il problema non è questo. Io sono pronto a dichiarare che, nel caso incorra nell' incidente della vita sospesa, desidero che non si protraggano le cure (anche se potrei perdere alcuni istanti o millenni di paradiso) per evitare tensioni, disperazione, false speranze, traumi e (permettetemi) spese insostenibili ai miei cari. Ma chi sono io per distruggere la vita a una, due, tre o più persone per la remota possibilità di avere qualche istante o qualche anno di paradiso virtuale? Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri. Guarda caso, è quello che mi ha sempre insegnato la morale, e non solo quella laica, ma anche quella delle religioni, è quello che mi hanno insegnato da piccolo, che Pietro Micca ha fatto bene a dare fuoco alle polveri per salvare tutti i torinesi, che Salvo D' Acquisto ha fatto bene ad accusarsi di un crimine non commesso, andando incontro alla fucilazione, per salvare un intero paese, che è eroe chi si strappa la lingua e accetta la morte sicura per non tradire e mandare a morte i compagni, che è santo chi accetta l' inevitabile lebbra per baciare le piaghe al lebbroso. E dopo che mi avete insegnato tutto questo non volete che io sottoscriva alla sospensione di una vita sospesa per amore delle persone che amo? Ma dove è finita la morale - e quella eroica, e quella che mi avete insegnato, che caratterizza la santità? Ecco perché, turbato a manifestare la sia pur minima idea sulla morte di Eluana (non sono, maledizione, fatti miei, ma dei genitori che l' hanno amata più di quanto l' abbia amata Berlusconi, che ha sinistramente fantasmato sulle sue mestruazioni) non ho esitazioni a pronunciare la mia opinione circa la mia morte. E all' amore che una morte può incarnare.
"Laudato s' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, - da la quale nullu homo vivente pò skappare: - guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; - beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, - ka la morte secunda no ' l farrà male".
Umberto Eco, "Perché ho il diritto di scegliere della mia morte" in La Repubblica, Anno 34, Numero 36, 12 febbraio 2009, p.1 et p.30

martedì 20 gennaio 2009

Tenetemi il mantello: ch'io colpisca l'occhio di Bupalo.
Sono ambidestro; e quando picchio non sbaglio.

[Ipponate]

domenica 11 gennaio 2009

Dieci anni dopo la morte di un poeta

Prendi la tua tristezza in mano
e soffiala nel fiume
vesti di foglie il tuo dolore
e coprilo di piume.

[Faber]

lunedì 29 dicembre 2008

Lefkandi

Ove serri la mischia nella piana di Dio,
non ci sarà groviglio di archi tesi
né di fionde. Sarà una lotta amara: la parola
alle spade
.


[Archiloco]

venerdì 1 agosto 2008

Silence poisons the soul

Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
tutto perché dicevo il mio pensiero,
e affrontavo quelli che mancavano verso di me
con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo
segreti affanni o rancori.
E'assai lodato l'atto del ragazzo spartano,
che si nascose il lupo sotto il mantello,
lasciandosi divorare, senza lamentarsi.
E'più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo
e lottare con lui all'aperto, magari per strada,
tra polvere e ululi di dolore.
La lingua è magari un membro indisciplinato -
ma il silenzio avvelena l'anima.
Mi biasimi chi vuole - io sono contento.


Edgar Lee Masters, Dorcas Gustine, in Antologia di Spoon River, Einaudi, 1993, p. 89