mercoledì 19 agosto 2009

Lutto nel mondo della cultura


MILANO - È morta all'età di 92 anni la scrittrice e giornalista Fernanda Pivano. A lei, nata a Genova nel 1917 ma trasferitasi presto a Torino con la famiglia, si deve la conoscenza in Italia dei grandi autori della letteratura americana. Da Edgar Lee Masters a Hemingway, dai poeti e gli scrittori della «beat generation» a Bob Dylan, i più grandi e rappresentativi autori della nuova America sono stati portati ai lettori italiani dalla sua capacità di interpretare, capire, raccontare e descrivere un mondo ancora sconosciuto al pubblico italiano. Di quasi tutti questi autori, Fernanda Pivano è diventata amica e confidente, riuscendo a trasferire nelle versioni italiane delle loro opere, lo spirito più vicino possibile a quello dell'originale. Scrittrice e anche giornalista, è stata a lungo collaboratrice del Corriere della Sera, cui ha regalato interventi e scritti di grande. Il suo ultimo testo scritto per il Corriere in occasione del suo 92 esimo compleanno, il 18 luglio scorso, era una nostalgica ma anche serena riflessione sulla vecchiaia con tanti ricordi degli scrittori conosciuti nella sua vita. La Pivano si è spenta martedì sera in una clinica privata di Milano, dove era ricoverata da tempo. I funerali si svolgeranno probabilmente venerdì prossimo, a Genova. «È stata una protagonista della cultura italiana» ha scritto il capo dello Stato Giorgio Napolitano in un messaggio di cordoglio alla famiglia.

http://video.corriere.it?vxSiteId=af93f391-342b-4a64-9f9c-b3923872f90e&vxChannel=Cultura&vxClipId=2524_a1bce4c4-8c3b-11de-a273-00144f02aabc&vxBitrate=300



MILANO - "I miei adorati scrittori americani mi accompagnavano durante la guerra facendomi coraggio con le loro storie". E lei, Fernanda Pivano, la compagna italiana degli scrittori americani, si è spenta in una clinica privata di Milano, un mese dopo il suo novantaduesimo compleanno.

Scrittrice, giornalista, traduttrice e critica, nasce a Genova il 18 luglio 1917. A ventiquattro anni - e in piena seconda guerra mondiale - si laurea in Lettere con una tesi in letteratura americana su
Moby Dick. Il capolavoro di Melville è la chiave che le apre la porta sul mondo della grande letteratura made in Usa. Nel 1943, pubblica la prima parziale traduzione dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

Il suo mentore è Cesare Pavese, già suo professore al liceo D'Azeglio di Torino e il primo di una serie di incontri fondamentali, tra cui quello con il marito, il grande architetto e designer Ettore Sottsass. L'incontro del 1948, a Cortina, è con Ernest Hemingway. Nasce un rapporto di amicizia e di lavoro. Nel 1949, Mondadori manda in stampa la traduzione di
Addio alle armi. La Pivano sarà la maggiore curatrice delle opere dell'autore de Il vecchio e il mare.

Il primo viaggio negli Stati Uniti è del 1956. Al suo ritorno, porterà in Italia la poetica, le pagine di letteratura e di vita della beat generation. Di Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e poi William Burroughs. La prefazione a
Sulla strada di un certo Jack Kerouac è sua. Negli anni successivi, traduce Allen Ginsberg, ma anche Bob Dylan. Il suo approccio alla letteratura non conosce steccati. Di Fabrizio De Andrè dirà, prima di altri, "è il più grande poeta italiano del Novecento".

Intanto, inizia a raccogliere i ricordi dei grandi che ha incontrato: Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker, William Faulkner. Tutti protagonisti del suo libro I mostri degli anni Venti, del 1976. Seguono l'intervista a Charles Bukowski, Quello che mi importa è grattarmi sotto le ascelle e una fondamentale biografia di Hemingway.

I suoi
Diari (1917-1973), pubblicati da Bompiani, sono una messe di aneddoti ed episodi tratti da una vita straordinaria. Negli ultimi anni, la Pivano continua a promuovere e a riconoscere il talento dei nuovi narratori d'America: Bret Easton Ellis, Chuck Palahniuk, David Foster Wallace. Il suo amore per la musica la porta a partecipare al video di Luciano Ligabue,Almeno credo, e a partecipare alla realizzazione del disco di Morgan omaggio-remake a De Andrè, Non al denaro, non all'amore né al cielo.

I funerali si svolgeranno venerdì a Genova, nella basilica dell'Assunta in Carignano. La stessa dove si celebro, dieci anni fa, l'addio all'amico poeta De Andrè.

(
18 agosto 2009)

giovedì 13 agosto 2009

Delitto e castigo, ovvero rinascita dell’uomo.

Esiste giustificazione al delitto, vi sono attenuanti all’omicidio, esiste una dimensione teorica o pratica in cui ciò che è percepito come moralmente abietto diviene non solo accettabile ma persino doveroso? Ed ancora: cosa spinge la mente a percepire come spregevole un atto, ed al suo compimento sin dove possono arrivare il rimorso della coscienza, l’orgoglio, l’attaccamento alla vita? Si può accettare d’aver ucciso, o l’omicida sarà sempre vittima d’un castigo istintivo; debole, incapace, impotente di fronte alla paura d’esser scoperto, o, ancor peggio, giudicato? Esistono uomini, o meglio superuomini, che sono al di sopra del concetto stesso di delitto? Senza sangue versato, ci ricorderemmo nei libri di storia di Napoleone?

E’ un’inquietante, a volte macabra, (ma non per questo pienamente razionale e legata al suo tempo) filosofia che si nasconde dietro al Delitto e Castigo di Dostoevskij, di cui ho da poco ultimata la lettura. Il delitto dell’ex studente (e la dimensione di colto intellettuale si confonde con l’alta auto-considerazione per la sua intelligenza) Rodiòn Romànovič Raskòl’nikov, che ha ucciso una vecchia usuraia e la sorella (per quanto quest’ultimo sia omicidio non voluto), diviene lo sfondo di una riflessione esistenzialistica di pungente realismo. Non solo: il tutto è inserito in un contesto ben definito, che pare (e probabilmente è) figlio di un celato autobiografismo. La miseria stessa diviene personaggio fra i principali della vicenda, la vita di Pietroburgo, le taverne con i suoi ubriachi, la fame e le malattie. E naturalmente l’ingiustizia, i soprusi, l’usura; il delitto ed il castigo.

Dostoevskij tratteggia, insomma, al di dietro della narrazione un ritratto che per il contemporaneo fu certo di straordinaria attualità, mentre per il lettore odierno un romanzo storico di vita che non rientra nei libri di storia. I dimenticati nel dramma di un’esistenza ai bordi dei vicoli, negli sporchi appartamenti in affitto, affogati nella vodka o imbevuti nel tè. Fra miseria e sentimenti, disperazione e morte, il delitto pare a tratti una svolta sì drammatica, ma incresciosamente naturale. Seppure mai l’autore si schieri apertamente a favore dell’atto del suo protagonista, incentrando gran parte del romanzo proprio sul castigo. Castigo che non è però giudizio, quanto piuttosto conseguenza.

Sono tuttavia i personaggi, nei loro monologhi o nelle serrate discussioni, a suscitare il maggiore interesse della penna di Dostoevskij, attento studioso dell’uomo e dei suoi umori, in un climax di drammaticità che trova il suo apice nelle vicende della famiglia Marmeladov. E’ quest’ultima compagna dell’agire del Raskòl’nikov, ma ancor più sintesi dell’ineluttabile sofferenza umana, accettata però con latente umiltà. Atteggiamento, questo, sintetizzato appieno dalla figura di Sonja, una sorta di angelica peccatrice, di necessità prostituta, ma devota religiosa. Ella pare in effetti l’antitesi del protagonista, essendo questi piuttosto risoluto a risolvere l’apatica sua condizione con il delitto stesso, che assume i connotati dell’iniziazione. La vera colpa che si riconosce non è poi l’omicidio, quanto piuttosto l’incapacità di amministrarne l’esperienza. La finale realizzazione della propria debolezza nel gestire le conseguenze del gesto ed i sospetti altrui, l’appartenenza ad un modello di normalità in cui il delitto è effettivamente delitto. Il riconoscimento che forse proprio nell’atteggiamento di Sonja v’è l’unica possibilità di svolta, sia essa solo una consapevole accettazione, una sorta di servitù alla vita.

Il castigo che porta al rinnovamento dell’uomo, tanto che si potrebbe sospettare che per Raskòl’nikov fosse proprio necessario un atto forte come il delitto, per ritrovare la strada di una rinascita.