mercoledì 29 giugno 2011

Parole, parole, parole

Oggi pomeriggio camminavo per andare in biblioteca, quando, passando vicino all’oratorio del mio paese, ho sentito provenirmi delle note a me controvoglia ben note! “BOOOMBA, A MOVIMENTO MUY SEXYYY, SENSUAAL”.. Ho dato un’occhiata al cortile, ed ho visto decine di bambini che ballavano in gruppo la canzone (“SENSUAAAAL”). In un oratorio, ribadisco. Oh come sono cambiati i tempi!

*

Non vorrei fare alcun moralismo, in fondo se c’è qualsivoglia malizia la vedrebbero solo gli adulti, non i bambini (che si stavano solo divertendo). Però mi ha fatto pensare al difetto tutto italiano di giudicare le canzoni solo per l’aspetto musicale, a non far caso ai testi. Forse una canzone che inneggia alla sensualità non è proprio la più adatta per dei bambini ed un oratorio, non perché lo credo io, ma perché probabilmente, se ci facessero caso, lo crederebbero gli stessi preti che in quell’oratorio hanno dimora. Ma che importa..la canzone è allegra, e tanto basta!

*

Mio padre ha letto un tempo che se gli italiani avessero compreso appieno i testi dei Beatles, avrebbero avuto un po’ meno del successo che hanno effettivamente avuto. Mi sembra un discorso un po’ banale, a dire il vero, perché forse proprio la semplicità dei loro testi è stata una delle chiavi proprio della loro presa sul pubblico. E, nella loro straordinaria capacità di variare, i Beatles sono riusciti a passare con coscienza da testi effettivamente di poco valore, come quello di “Love Me Do”, a poesie come “The Long And Winding Road” o a inni per la libertà, come “Revolution” Beh, inutile che mi perda in odi ai Beatles, non era questo il senso del mio intervento. Credo però che effettivamente se gli scarafaggi di Liverpool avessero parlato di cacciaviti e brugole, di banane e lamponi o di Amore, per l’italiano degli anni Sessanta non sarebbe cambiato nulla.
Fortuna che anche in Italia son nati i cantautori, gente come De Andrè, Dalla, De Gregori, Guccini, eccetera eccetera, che hanno provato ad insegnare anche agli italiani che la Musica può essere uno dei veicoli della Poesia. In qualche modo il concetto è passato, ed ancor oggi vediamo masse di persone che sfoggiano la citazione di De Andrè, alternata a quella di Oscar Wilde. Lo faccio anch’io. Giusto dare ai poeti la dignità dei Poeti, anche se si facevano accompagnare da una chitarra. Già i Greci non si scandalizzavano di accompagnare quella che per noi è Letteratura con la Musica.

*

Ma questi sono casi illuminati; la realtà è che la maggior parte degli ascoltatori di musica ormai canta parole senza nemmeno pensare al loro significato. Fateci caso: chiedete a qualsiasi persona di cantarvi l’ultima di Lady Gaga, e saprà probabilmente - anche in modo maccheronico - esibirsi. Ma chiedetegli il senso di quello che sta cantando, e cadrà dalle nuvole. Lo stesso per l’ultima di Shakira; ed è un bene, perché se ne analizzassimo effettivamente il testo (come mi son preso la briga di fare), utilizzando termini filologici approvati dall’accademia della Crusca, potremmo definirla una puttanata. E pure se ne sta lì, nelle prime posizioni della classifica, pronta a farsi modello letterario per centinaia di ragazzine.. O tempora, o mores!

mercoledì 22 giugno 2011

Maturità

Ogni anno seguo l'uscita dei titoli dell'esame di maturità, soprattutto per quanto riguarda la prima prova, con un certo interesse. Da un lato perché i responsabili della scelta cercano sempre di stupire, discostandosi dalla prevedibilità e scovando qualche opera minore (spesso comunque di gran pregio). Dall'altra, lo ammetto, anche perché è una grande gioia vivere l'esame di maturità con distacco, come un qualcosa di lontano e di passato.
Di per sé è un discorso che sembra quasi incoerente, visto che proprio oggi ho affrontato un esame in università. Ma non ho un ricordo positivissimo delle scuole superiori, sebbene mi son reso conto che ciò che ho studiato in passato mi è servito poi molto, ed altrettanto molto mi son pentito di ciò che non ho studiato (per la tipica pigrizia adolescenziale). Credo però sinceramente che non vi sia cosa peggiore dello studio di ciò che non si ama; veramente: lo studio può essere, deve essere, un piacere, un otium, la soddisfazione di una curiosità. Quando diventa un obbligo, allora il suo senso si perde nel circolo delle tante costrizioni della vita. Ho vissuto il mio esame di maturità come il climax di questa fase della vita, in cui tutto sembra un obbligo. Certo: anche affrontare l'esame di maturità mi è servito, ma l'ho capito solo col tempo. Allora mi sembrava lo scempio burocratico di un sentimento vampiristico, in cui il peso del dover conseguire un pezzo di carta mi si incollava al collo come una zecca. Quanto avrei voluto essere libero, anche di studiare (ma per mia scelta!), senza quell'ultimo spasmo di obbligatorietà. Mi sentivo già fuori dalla scuola molto, ma molto, tempo prima di esser dichiarato “maturato”. L'esame di maturità è una selva di radici che tentano di legarti ad un passato che, ormai, è già sfumato altrove.

*

Lo ammetto: questo mio commento all'esame di maturità è decisamente esistenzialistico. Forse esagerato nei termini. In effetti l'esame è in qualche modo una prova di vita, che per qualcuno scorre come il dispiego di una formalità, per qualcun altro diventa un ricordo che, più o meno, ritornerà nel corso di tutta l'esistenza (come un fantasma, un incubo). Leggete i giornali in questi giorni, e avrete il vip di turno che vi dirà la stessa cosa. Bene, lasciate che ve lo dica anch'io: l'esame è una prova, e come tale può essere affrontata in mille modi. Sta a voi.
Mi rivolgo direttamente ai maturandi. Il mio consiglio è di prenderla alla leggera, in fondo le vere prove sono altre, e l'esame può essere anche formativo. “Bella forza”, mi risponderebbero questi maturandi “è più facile a dirsi che a farsi!”. Avrebbero assolutamente ragione.

*

L'esame, con il suo orribile nome di 'maturità' (uno Stato retto da immaturi ha pure il coraggio di definirmi più o meno maturo? Vergogna!), cinicamente è proprio questo. Una prova. E cos'è l'esistenza se non un insieme di prove?
Ecco che ritorna questa similitudine abusata, e a cui nemmeno io so rinunciare. Lo scoglio artificiale, burocratico, di un esame, attraverso cui le istituzioni vogliono insegnarci ad affrontare gli scogli della vita. Anche dal punto di vista pedagogico, l'esame è proprio questo; non un metro di giudizio: salvo casi particolari, sappiamo che chi è ammesso all'esame ha già aperte le porte per le università o il mondo del lavoro.

*

Mi son divertito ad immaginarmi la commissione che ha scritto le tracce. Mi son figurato questi barbuti vecchiardi, riuniti intorno ad un tavolo di legno, fra libri e fogli di appunti, che si arrovellano a pensare su cosa proporre ai maturandi. Me li vedo: o tutti zitti sui loro fogli sudati, che non riescono a trovare la traccia adatta (che non sia uscita su internet, mi raccomando!), o che litigano fra loro, perché ognuno vorrebbe che il suo autore prediletto fosse oggetto dei commenti degli studenti. Fra tutti, proprio il tema letterario è quello che deve essere ponderato meglio: deve essere un tema che possa far riflettere, ma non deve essere scontato.
Mi immagino il vecchio professore di turno che, all'improvviso, si alza urlando “CE L'HOOO! UNGARETTI!!”.. e piovono i fischi degli altri professori: Ungaretti, che banalità! Foglie d'autunno, lui che s'illumina d'immenso; tutte cose già sentite, tutti i siti internet lo hanno già previsto; che poi la guerra non è neanche più di moda! Ora bisogna parlare di facebook. Dei reality show! (“Ehilà”, fa uno, “potremmo proporre un titolo su Andy Warhol!”).
“Ma no colleghi” riprende sicuro il primo tale “Proponiamo il commento alla poesia 'Lucca'!!!”. Silenzio generale. I vari professori si gettano sui loro libri. Uno finge un malore. Lucca? Niente foglie sugli alberi? E chi l'ha mai sentita?
“Colleghi, questa è una genialata! Proponiamo una poesia sull'esistenza, nell'esame di maturità!”. Silenzio, qualcuno bisbiglia. Uno urla: “l'ho trovata! È de 'L'Allegria'!”. “Sì certo, una poesia sulla vita, data all'esame di maturità, che è una prova di vita..”, riprende il primo “i sentimenti legati ad una città, che fanno da sfondo ad una riflessione più piena sul senso dell'esistenza. Fino alla morte”. I vari professori si guardano fra loro. Uno inizia ad applaudire. Un altro si accoda. In pochi minuti sembra di essere allo stadio, tutti che applaudono, qualcuno si alza. Standing ovation. Quello che aveva finto il malore si rianima. La traccia è scelta.

*

Domani c'è la seconda prova. Ai miei tempi scelsero una versione di Seneca che persino alcuni latinisti faticarono a tradurre. Miei cari maturandi, se ce la fate, fregatevene altamente! Sono gli ultimi spasmi di cinismo, di un sistema che vi avrà ancora per poco. Poi va beh, lì fuori c'è la vita. E quella è tutta un'altra storia. Chiedetelo ad Ungaretti!

lunedì 13 giugno 2011

I Referendum e la sconfitta del demagogo

Tutto maggio, e questa prima porzione di giugno, ho faticato a trovare il tempo per coltivare quel mio modesto piacere che questo blog rappresenta. I motivi sono i soliti: impegni universitari, a cui si alternano alcune soddisfazioni personali.
Ma ora, seppure con degli esami molto complicati alle porte, non posso evitare di esprimere i miei pensieri su quanto sta avvenendo nel mio Paese.

*

Quando ero molto giovane, ai tempi delle elementari, non capivo bene cosa fosse il Referendum. Avevo più coscienza di cosa fosse il nucleare, se non altro perché nel mio paese, ogni anno, venivano dei ragazzini bielorussi, ospitati per respirare aria pulita, e purificarsi dalle radazioni respirate dopo Černobyl’. Ebbene: l’idea che questi vispi coetanei fossero costretti a venire da noi per avere un’aria pura, che permettesse loro di vivere meglio, mi inquietava e continua ad inquietare oggi. Il nucleare per me era il male assoluto, stigmatizzato anche dalle pagine che avevo letto su Hiroshima e Nagasaki; uno dei classici, incomprensibili, parti di malvagità degli adulti. Ma, come una luce di speranza, come un lieto fine in una fiaba cupa, ecco che la spada del Bene aveva trionfato sul Male. Grazie a questo strumento strano, che gli adulti chiamavano Referendum, la paura di un disastro nucleare sembrava (almeno un poco) più lontana: ero così fiero della scritta COMUNE DENUCLEARIZZATO sotto al cartello del mio paese.

*

Sono cresciuto, ma non ho cambiato la mia idea. Ho qualche coscienza in più, ora so che cos’è il Referendum, e delle centrali nucleari so anche il pericolo rappresentato non solo dalla loro esistenza, ma anche dalle scorie che producono. So che un’energia pulita, ben più efficace di quelle ora conosciute, è possibile, ma solo con un sostegno alla ricerca. Ogni grande momento di progresso nella Storia, leggasi pure ogni ‘rivoluzione industriale’, si è accompagnata ad un cambiamento della fonte di energia. Puntare oggi su una fonte vecchia e pericolosa, avrebbe favorito soltanto chi su questa fonte può lucrare. Un anacronismo, che anche una visione conscia dell'attualità - con Giappone, Germania ed altre nazioni che si avviano ad una de-nuclearizzazione sempre maggiore - può suffragare. È così deprimente che, per render legge un NO AL NUCLEARE, che dovrebbe essere fondamento della storia umana contemporanea, serva ancora un Referendum. È così esaltante che ancora una volta, come a fine anni Ottanta, il popolo italiano si ritrovi, per una volta, UNITO. In un NO AL NUCLEARE, enorme come il quorum fieramente raggiunto.

*

Ma sarebbe stupido commentare un Referendum dimenticando che, appena due settimane fa, ci sono state altre elezioni, che hanno visto una sconfitta generalizzata dei candidati del centro-destra. L'attuale maggioranza parlamentare ha fatto i conti con un'altra maggioranza, quella fatta non di poltroncine romane e sterili polemiche in salotti televisivi, ma di persone che, unite, hanno urlato la loro stanchezza. Il governo, che si arrocca su quelle stesse poltrone, aggrappandosi agli specchi con unghie di mani e piedi, attraverso questi Referendum ha ancora prova di quanto il popolo italiano sia stanco. Berlusconi, ormai privo di ogni contatto con la realtà, aveva chiesto di NON votare. Gli italiani hanno votato. Anche contro quel suo scudo, così personalmente voluto (e che tanto tempo ha rubato agli affari di governo), che gli permetteva di proteggersi con la scusa del legittimo impedimento.
Sarebbe sbagliato leggere il Referendum di questi giorni come un Referendum PRO o CONTRO Berlusconi. Ma trovo pienamente sensato scrivere che Berlusconi, a distanza di poche settimane, ha avuto prova della disaffezione anche dei suoi stessi elettori. È la morte della sua arma più forte, un ribaltamento della demagogia, la sconfitta del suo carisma. Berlusconi è sconfitto, Berlusconi è finito. Anche se cercherà di legarsi al suo ruolo per tutti gli anni che è possibile, ormai è solo l'ultima scoria del passato. E noi siamo quasi come quei bambini bielorussi, abbiamo così tanto bisogno, finalmente, di aria pulita.