venerdì 14 ottobre 2011

Incollati al cielo (2009)

Forse lo avrete intuito, da questo mio blog, che mi piace scrivere. Lo faccio da quando sono piccolo, ed è sempre e solo lo sfogo di un bisogno. Provo un po' di vergogna quando qualcuno mi dice che sono bravo. Un po' per timidezza, un po' perché, davvero, non credo di essere così bravo. Forse è per questo che raramente ho condiviso qualcuno dei miei scritti. E col tempo molti li ho perduti.

Non credo sia un male. Penso anzi che molte cose che ho scritto meritassero di andare perdute. Però qualcosa è rimasto, nero su bianco. E mi sono reso conto che ho sempre avuto un difetto, che è poi il più grande difetto di quanti provino a scrivere, da dilettanti. Me lo ha fatto osservare la migliore critica di me stesso, colei che ascolto davvero, e che credo sia riuscita nell'impresa di migliorare anche il mio stile. Non credo di esser diventato bravo, non ancora. Ma almeno leggo più volentieri ciò che scrivo. Ogni tanto.

Ora ho deciso di provare a superare l'ostacolo del cassetto chiuso. Con questo mio blog, ho sempre voluto mettere in campo parte di me, render pubblico, per quanto virtuale, ciò che ho tenuto a lungo nascosto…ecco, allora, che ho deciso di ricopiare sul mio blog alcuni miei racconti del passato.

Con la precisazione di questa premessa. Li ricopierò così come sono, senza modificarli. E con tutti i difetti che hanno. Il difetto vero di cui parlavo è la retorica. L'essere prolissi, il voler per forza dimostrare di 'saper scrivere'. Il risultato è che il racconto si appesantisce, perde la sua vena narrativa, diventa quasi solo un esercizio di stile. Ogni tanto ci ricasco, forse puntualmente ci ricasco. Ma ora non scrivo più solo ed assolutamente così. Non scrivo solo per mettermi alla prova, inizio a pensare ad un ipotetico, per quanto sempre immaginato, lettore.

Ma questo mio blog vuole essere anche un occhio sul passato, e quindi va bene anche che io pubblichi qualcosa che non scriverei più. I commenti, se vorrete leggere e vorrete scrivere le vostre opinioni, mi saranno comunque davvero utili. Perché quel bisogno di scrivere..beh, non mi è mai venuto meno; anzi, forse è aumentato. E se riuscissi anche a scrivere bene, sarebbe una gran conquista.

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Il primo racconto che pubblico è del 2008/2009. Scritto fra la fine del 2008 e del 2009, se la memoria non mi inganna. L'ho scelto per primo proprio perché è il riassunto di quanto scrivevo prima: magari, senza modestia, ha anche degli spunti interessanti.. ma sono mal sviluppati.. troppa retorica, troppo patetismo..

PS: oggi mi son svegliato alle 5, ed ho dormito 5 ore.. non escludo ci sia anche questo, nel motivo che mi ha spinto a scrivere queste cose.. puro delirio da mancanza di sonno.. 

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Incollati al cielo

V'è un sospeso senso di benessere nell'astronomia, nell'osservare il cielo e sospettare che le stelle riposino per il volere di qualcuno. Non so dirvi di chi, ben inteso, ma sono al loro posto, a nutrirsi del buio con la luce, perché è l'unica cosa che possono fare. Forse è per questo che odio l'estate: d'agosto talvolta vedo le stelle cadere, e non mi sembra possibile che anche loro si lascino andare. Alle stelle cadenti molti associano romanticismo, io penso alla vita, e come nulla vi sia di sicuro: nemmeno loro stanno incollate al cielo, lasciano di peso la natia casa quando sfumano nel vuoto, urlano un'ultima scia di speranza, ma si gettano infine nel buio.

Riposo l'anima fra i sussulti della mia terra, seduto al bordo d'un fiume. In mano stringo l'Antologia di Spoon River, ben chiusa, quasi a temere che i personaggi possano avvertire il freddo. Non del vento, ma del mio respiro, il tremare d'un uomo che ha paura. A volte vorrei correi, tuffarmi nel fiume, lasciando che la corrente mi trascini quasi fossi una stella cedente. L'ultima scia di luce d'uno sconfitto. Abbandonare così ogni emozione, imporre il silenzio alle grida del cervello, e nascondere le lacrime nel gelo dell'acqua fino al comparire del buio.

Ma poi arriva Alice, benedetta visione, il suo volto si dipinge nel greto dove si specchiano i miei occhi. Mi sembra di vedere i capelli dorati mescolarsi alla luna riflessa, la pelle bianca dove dormono le trote, persino i grilli mi ricordano la sua voce. Allora il senso di tutto mi diventa così chiaro, siamo nati per amare, e se siamo come stelle, è l'amore che ci lega al cielo delle nostre vite.

Alice è la mia figlia di sei anni, così fragile al mondo ma già così grande. A settembre andrà a scuola, si staccherà dal cuscino di seta che le abbiamo creato ed inizierà a scoprire com'è il mondo. Da bruco sarà farfalla, da fiocco diverrà neve, ancor prima che me ne accorga avrà un cuore spezzato. Sarà così bella la prima volta che piangerà. Da grande ad ogni passo sospireranno i salici e s'innamoreranno i cavalieri; ma nemmeno la sua purezza potrà sconfiggere le ingiustizie ed i peccati. Verrà il giorno in cui sederà su quest'erba ad inseguire l'eco degli stessi miei pensieri; mi strapperei il cuore per fermare il tempo ed evitarle ogni dolore.

Ma che può fare un uomo, quando i suoi sogni vanno oltre l'essenza stessa della vita? Non può che alzarsi e fingere che tutto vada per il verso giusto, ed arrivare a credere che in fondo sognare è soltanto una perdita di tempo.

La notte talvolta sembra urlare il suo silenzio, il vuoto cancellare i contorni delle case. I buoni posano le loro menti nei labirinti di Morfeo, mentre i corpi stanchi si svuotano dei pesi fra le pieghe delle lenzuola. I cattivi escono dalle tane, prendono il volo si solchi dell'asfalto, aprono l'inferno e lo fanno assaggiare ai mortali. C'è chi crede che il male si nutra di tenebra, rifugga il sole come fosse un vampiro. In realtà all'alba tinge il suo volto, si nasconde fra giacche e cravatte, desideri infranti e banconote d'avidità. Mi sono innamorato di pesche al cianuro, ho riassunto la mia anima in illusioni giovanili, ho inseguito la bellezza finché ho capito che non si può raggiungere. Il domani è un ostacolo troppo grande, prima della vita c'è sempre la necessità, prima del profumo occorre trovare l'ossigeno per respirare. Così ho sacrificato i miei idoli su un altare di compromessi, ho accoltellato le nuvole e baciato capre e serpenti. Mi son fatto schiavo di ciò che odiavo, ho spinto la mia mente oltre l'innocenza, sono cresciuto diverso. Credevo d'aver perso la possibilità di sorridere, e talvolta lo penso ancora.

Ma le mie gambe seguono il profilo della strada, spalancano la porta di casa, trovano l'ancora della mia salvezza. È notte, Alice dorme nel suo mondo d'incanto, non sa quali sono i miei pensieri, prego Dio che non li scoprirà mai. I capelli le incorniciano il volto, gli occhi chiusi si muovono appena, dipingono chissà quali dolcezze.

Ad un tratto sembra sorridere, inseguo quel sospiro come se fosse l'unica cosa che ho. Istintivamente le accarezzo il volto, il movimento la fa svegliare. Mi guarda, sembra frastornata.

«Papà», mormora con un filo di voce.

Le suggerisco di tornare a dormire, ma è già assopita. Soffoco le lacrime negli occhi, mi sdraio sul pavimento freddo, accanto al suo letto.

Papà.

Quella parola sembra riecheggiare al di sopra di ogni pensiero, mi rendo conto che non ho bisogno di altro, sento il cuore prendere il volo, e la mia mente inseguirlo.

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