venerdì 1 luglio 2011

Picturarum adoratores


Nel 388, Agostino d’Ippona collocava i picturarum adoratores (gli adoratori delle icone) tra le categorie di cristiani più superstiziosi che illuminati. Allora il fenomeno era poco diffuso, ma stava per incontrare una certa fortuna soprattutto in Oriente. Immagini miracolose, prese come oggetti di culto, che si diffondono sempre più, sino a divenire una vera minaccia per l’ortodossia. La conseguenza, nell’VIII secolo ma ancora altre volte nella storia, sarà la tendenza opposta, l’iconoclasmo. Gli storici sanno come questa tendenza sia stata anche, in parte, una disfida strumentale; lo devo dire per non sembrare troppo sprovveduto come studente di Storia, ma l’argomento di questo mio blog - come amo saltare di palo in frasca! - è in realtà un altro.

*

Torniamo ai giorni nostri, ma non usciamo dal recinto dei picturarum adoratores. Quali sono le icone d’oggi? Non mi riferisco più alla religiosità: sia un bene o un male, ormai la religione sta perdendo sempre più le sue influenze sulla cultura di tutti i giorni. Sia un bene o un male, dicevo: credo che di per sé è sia un bene sia un male. Un bene, perché sappiamo i danni sociali che una religiosità troppo impregnante, al di là persino delle concezioni evangeliche, ha fatto in passato. Un male, perché il Cattolicesimo - volenti o nolenti - portava con sé una serie di valori, che dovrebbero essere il retroterra comune di qualsiasi uomo, cattolico o ateo, ma che solo il timore di Dio riusciva davvero a diffondere. Almeno idealmente, sia chiaro, non è questo il momento di discutere quanto la pràxis si potesse discostare da un ritratto così semplicistico, come quello che sto abbozzando.
Ma torniamo al punto: chi sono allora gli adoratori di icone di oggi? Siamo noi donne ed uomini così attaccati, ancora, al culto dell’immagine. Che falsità! Che ignoranza! Siamo sempre più superstiziosi, e sempre meno illuminati. Le nuove icone sono le riviste patinate, le orde di modelli impazziti usciti dai balletti di ‘Ciao Darwin’. Ecco: ‘Ciao Darwin’; avete presenti quegli scimmioni nel pubblico, che si mettevano ad ululare durante le sfilate di intimo? Da bambino li guardavo con un certo divertimento, credevo fossero degli attori pagati per fare i deficienti. Dei clown!
Ecco l’amara scoperta: quei deficienti li sto ritrovando, ora, persino sui banchi della mia Università. Sono ancora una minorità, per fortuna, ma c’è un concetto che ancora sfugge dalla mia logica: come può una persona che ama studiare, ama la cultura, anche fino ad arrivare al punto quasi masochistico di iscriversi ad una facoltà umanistica, togliersi poi la maschera ed essere uno scimmione? Bene, c’è davvero qualcosa che non va nel circolo universitario. Credo si sia arrivati al punto in cui si premia sempre più il nozionismo, e sempre meno la cultura. L’alto flusso di studenti lo impone. Ma ecco allora che alla laurea non arriva più solo l’élite culturale del Paese, anche gli scimmioni riescono ad avere una carriera di studi apparentemente brillante. Non mi spiego altrimenti come possa essere testimone di certe discussioni da deficienti, che odo ahimè anche nei cortili della mia università.

*

Agostino d’Ippona. Ciao Darwin. Università. Bene: mi rendo conto che questo mio intervento è stato sin troppo delirante, ben al di là dei miei soliti standard. Ma, sotto sotto, un senso per me lo ha. Se mai diventerò professore universitario - un sogno -, devo ricordarmi mentalmente un dogma: non sono (solo) le nozioni a far lo studente; sempre più è importante, fondamentale, in una società deviata e deviante, riuscire a fare il salto di qualità. Un universitario deve iniziare a studiare anche la cultura della vita e la cultura del pensiero. Non può essere il prodotto di uno stampino, che lo incanala in un flusso di pensieri formulati da altri. Non può essere uno schiavo delle icone. Un picturarum adorator.

Ma non pretendo di aver esaurito l’argomento con queste righe, in realtà sono solo uno sfogo.

0 commenti: