martedì 14 settembre 2010

TG

Maurizio Costanzo, una persona su cui avrei molto da contestare, ma che non trovo giusto criticare a priori, ha recentemente chiesto a Mauro Masi, direttore generale RAI, come mai vedendo il Tg3 ed il Tg1 pare di essere in due Paesi diversi. Non dimentichiamo che lo stesso Costanzo è tornato proprio nell'azienda di via Teulada di recente - condurrà un programma quotidiano, che eviterò in realtà come la peste -, quindi bisogna riconoscergli un certo coraggio. Lo stesso che probabilmente ha portato Masi a negare l'evidenza.
La realtà è evidente: l'ha posta all'attenzione di tutti Maria Luisa Busi, lasciando nel maggio scorso la conduzione del Tg1, scrivendo una lettera molto intelligente. Ma, in nome della stessa intelligenza, bisogna ammettere che la credibilità del Tg1 era già evidentemente in pericolo, anche senza la presa di posizione di chi le cose le viveva dall'interno. Basterebbe ora lasciare a chi legge l'iniziativa di ricercare alcuni degli editoriali del direttore Minzolini, facilmente rintracciabili anche online, perché il giudizio su di lui sia semplice per tutti.
Esiste la libertà di una condotta editoriale di parte, e credo che sia uno dei principi fondamentali della democrazia: l'oggettività giornalistica è forse un falso mito, in quanto il giornalista - come soggetto pensante, con dei principi, delle idee, delle convinzioni, ecc. - raccontando un fatto, anche in minima parte, ci metterà sempre del suo. Ciò che importa è però che anche il normale cittadino, colui che necessita dell'informazione innanzitutto per il suo diritto e dovere fondamentale di andare alle urne, abbia la possibilità di scegliere; un cittadino davvero coscienzioso, e d'un'intelligenza e consapevolezza sociale quantomeno al di sopra della norma, tenderà ad ascoltare così più voci. Ancor meglio: cercherà di farsi la propria opinione, sottoponendo a critica tutte le voci altrui, dal giornalista amico a quello che la pensa diversamente.
La realtà ci porta però a pensare che esistono, nella società italiana, due problemi principali. Il primo è che l'influenza d'una determinata linea editoriale, e c'è chi lo ha esemplificato in un documentario, è quella nettamente più sovraesposta "mediaticamente". Su due livelli: quello esplicito dell'informazione di parte - IlGiornale, Libero, StudioAperto, in parte Tg5, molto più, paradossalmente, Tg1 -, quello subliminale d'un tipo di anti-cultura e di consapevole distrazione. 
Il secondo problema è il risultato del primo: il cittadino-medio tende, soprattutto per effetto d'una certa anticultura, a non voler ricercare l'oggettività nell'informazione, ma a fomentare il suo credo prendendo per buono ciò che legge, o evitando persino di leggere e fidandosi del sentito dire. Fossimo tutti illuministi, potremmo sperare che la ragione d'ognuno porti verso una ricerca, spesso tediosa e complicata, di questa verità. La realtà è purtroppo diversa, e lo si comprende sia da determinati risultati elettorali, sia dalle voci che si possono raccogliere negli autobus, nei bar, per le strade, nella stessa televisione o nei social network. L'ignoranza, sia essa sulla politica, sulla società, sulla cultura in senso lato, sulla Musica, l'arte o la letteratura, raggiunge livelli sconfortanti.
In questo scenario, che spero sia più pessimista che realistico, fa quindi piacere il recente successo d'ascolti di Mentana, nuovo-direttore del Tg de LA7. Potrebbe essere l'indizio d'un risveglio delle masse, d'un nuovo interesse per il giornalismo di qualità. O semplicemente infine la possibilità, per chi non riusciva a trovare il suo posto in un ventaglio d'informazione piatta e perlopiù allineata, di attingere ad un professionista che sa fare il lavoro di giornalista, e non si limita a quello del servo. La speranza è sempre quella che chiunque possa riuscire ad avere la dignità di cercare i diversi punti di vista, e di elaborare così il suo; ma chi non lo vuole fare, per favore spenga Minzolini, ed accenda Mentana. E scusate se anch'io sono di parte.

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