Eppure il decreto Gelmini non parla d’Università, come detto. Lo fa, piuttosto, la legge finanziaria (la 133, proposto dal ministro Tremonti già ad agosto), che specifica nel comma 13 dell’articolo 66, che “il finanziamento ordinario delle università, e’ ridotto di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013”. Dei tagli motivati, naturalmente, dall’indisponibilità di fondi, che deriva da un generale malessere economico, ma anche naturalmente da altre scelte politiche del governo (com’è naturale che sia, anche in questo caso siano esse condivisibili o meno).
Dei tagli evidenti, quindi, ma che non sono ancora stati motivati. Quel che ancora non è chiaro (e lo diventerà probabilmente dal lavoro del ministro Gelmini nelle prossime settimane) è se i previsti tagli andranno ad individuare gli sprechi, in una gestione meritocratica della ricerca e dell’Università in genere, o se saranno generalizzati, andando a colpire un settore di per sé già in crisi.
E’ in crisi certo per mancanza di fondi, ma anche per una gestione che è stata errata in passato (con qualsiasi partito al governo). Qualche esempio: l’Università di Bologna ha una sede distaccata a Buenos Aires (che qualcuno ha messo ironicamente all’asta su ebay), alla Sapienza di Roma si sono spesi 223.200 euro per ridisegnare un logo, ed i casi di spese inutili, a carico dello Stato, potrebbero essere certamente più numerosi. Sono dati oggettivamente condivisibili e condivisi: sorprende, quindi, che i tagli siano così osteggiati, in quanto in realtà potrebbero, dalla vera e propria riforma dell’Università (che ancora non è stata presentata), essere indirizzati alla diminuzione dei suddetti sprechi, senza oneri per chi garantisce un servizio di studio e ricerca qualificato. Non vedo, quindi, il senso di una protesta per un provvedimento ancora non attuato, in un movimento che sfocia quindi nella strumentalizzazione ideologia più bieca o nella disinformazione.