domenica 17 luglio 2011

[REC] Philip Roth, Il Seno

Sconvolgente. Credo che molta critica etichetti così ogni libro di Philip Roth. D'altronde il puritanesimo da Indice dei Libri Proibiti ha messo le radici nel pensiero comune, e scrivere di sesso è comunque la prova sufficiente per anatemizzare uno scrittore. Non pare un caso che, ad oggi, uno dei più grandi scrittori viventi non sia stato insignito del premio Nobel. Uno dei più grandi scrittori? Sì. Perché la verità è proprio questa, la stessa per cui mi sono battuto nelle altre mie recensioni ai libri di Roth: l'americano potrebbe persino parlare delle sue defecazioni mattutine, e lo farebbe comunque in un tessuto narrativo d'incantevole qualità.
Ma, per questo
Il Seno, devo ammettere che il termine 'sconvolgente' calza a pennello. D'altronde di per sé 'sconvolgente' è una vox media: sconvolgente è un efferato omicidio, ma sconvolgente è anche la più grande passione d'Amore. E allora: in che senso Il Seno è sconvolgente? Non pretenderete che sia una recensione, per altro umile, a dirvelo?! A volte certe sensazioni si possono vivere soltanto leggendo un libro. È il bello della lettura. È lo sconvolgente della lettura.

Ho approfittato di un'edizione economica, allegata all'interessantissimo e consigliatissimo inserto domenicale di cultura de “Il Sole 24 ore”, per acquistare finalmente questo libro. Era nella mia lista delle “letture da affrontare, prima o poi” ormai da qualche anno, da quando almeno avevo letto Il professore di desiderio e L'animale morente, altri due libri di Roth diversi fra loro, ma con in comune il protagonista, David Kepesh. A formare una sorta di trilogia (ma particolarissima), anche ne Il Seno il protagonista è appunto Kepesh.
Se il mio lavoro fosse quello di scrivere recensioni, ora potrei pure perdermi in una lunga, e forse noiosa, parentesi sulle analogie fra i tre libri. Ne verrebbe fuori probabilmente un ritratto un po' particolare del concetto di 'trilogia'. Perché, in effetti, a quanto ricordo i libri sono dei monoliti che hanno in comune soltanto un nome. Ma probabilmente sto sbagliando, l'ho scritto che non sono un recensore di professione. Non ho ripreso in mano i libri che ho già letto, ho qui davanti solo Il Seno, che fra l'altro dei tre è quello scritto prima, anche se io l'ho letto per ultimo.
Suvvia. Poche palle: penso che dei richiami reciproci fra i tre libri siano stati effettivamente pensati dall'autore (a pagina 40 della mia edizione de Il Seno si accenna di una passata avventura del protagonista con due donne in contemporanea, con finale fra il patetico ed il drammatico per una delle due; non è forse una vicenda poi approfondita nella prima parte de Il professore di desiderio? non credo di sbagliare), ma i tre libri hanno il loro centro in eventi del tutto slegati fra loro. L'animale morente, ad esempio, si inserisce perfettamente nell'ultima produzione di Roth, in cui l'autore riflette sulla vecchiaia e su quanto sia volubile la vita. E Il Seno? Beh, la sua trama è del tutto particolare. Forse è il caso di accennarla.

David Kepesh è uno stimato docente universitario di Letteratura. Fra i suoi difetti vi è l'ipocondria, è vero, ma non è il caso di drammatizzare, visto che ogni sua paura si è sempre rilevata infondata. Almeno fino a quel giorno in cui uno strano colore della pelle, lì al di sotto del pene, gli fa pensare ad un cancro. Lo fosse stato! Almeno la diagnosi, per quanto drammatica, sarebbe stata 'normale'. Ed invece, questo, per il povero Kepesh, è solo il primo stadio di una metamorfosi, che lo trasformerà, in una notte, in una gigantesca mammella di donna.

Metamorfosi, e la mente corre a Kafka. Anche lui uno scrittore ebreo, come Roth. Sicuramente di Roth è stato, attraverso i suoi libri, grande maestro. Lo sappiamo, se non sbaglio, proprio da Il professore di desiderio, dove ad un certo punto Kepesh si rifugia a Praga; l'occasione è colta al balzo da Roth, che ci regala alcune bellissime pagine critiche su Kafka (dovrei rileggerle!). E di Kafka Roth parla anche nelle Chiacchiere di Bottega, un libro in cui intervista altri colleghi scrittori, ed in cui il richiamo al Maestro è spesso presente. E non può evitare, nello stesso Il Seno, in una sorta di colpo da metateatro, di inserire il nome di Kafka. Quando il protagonista si convince d'esser diventato pazzo, credo di esserlo perché sin troppo suggestionato dalla lettura del classico kafkiano e de Il naso di Gogol'.
Ma se la rilettura, ironica, delle Metamorfosi è stato probabilmente l'input – me lo immagino!, Roth sulla poltrona di casa sua, a parlare con un vecchio studente delle Metamorfosi. «Ve lo vedete voi, il protagonista non più trasformato in scarafaggio, ma in una grossa tetta? ahah che ridere! Oh però, coff coff, l'idea è buona!» -, i temi trattati sono quelli cari già ad altra della produzione dello scrittore americano. L'ossessione per il sesso, ovviamente, la ricerca per il piacere che rifugge dai dogmi, e si tuffa in nuove perversioni. Ecco, la stessa ontologia mammellica, il divenire Seno, è di per sé una perversione. L'indagine originale e, ancora, sconvolgente di cos'è l'essere tetta! Questa meravigliosa misteriosità che è il seno femminile, tripudio estetico ed estatico si potrebbe dire, ma ancor più miracolo della natura: miracolo come è miracolosa la capacità umana di provare piacere, attraverso quel sentiero anatomico e sensoriale che si accende in climax fisici. Sensazioni che dell'uomo sono parte, ma che rifuggono dalla sua capacità di un totale discernimento. In questa selva di bellezza e mistero, Roth prova ad avventurarsi attraverso l'arma duplice di ironia e paradosso, sfonda i confini dell'immaginazione tentando di rendere verosimile persino una siffatta metamorfosi! Così l'uomo diviene Seno, ma rimane uomo, con le sue debolezze di fronte alla carne, alle prese con una realtà che va al di là della sua concezione. E le reazioni sono poi facili da immaginare; quando Kepesh supera il mero istinto, selvaggia ricerca del piacere, ecco che arrivano quelle che definisce come crisi. Prima un professore che, vedendolo, non riesce a trattenersi dal ridere; poi la sua incredulità, a cui risponde con l'improvvisa illusione di star vivendo solo un sogno. O una forma di follia, ispirata, come detto, da una sorta di suggestione data da quei maestri del parossismo che sono Kafka e Gogol'.

Ciò che è straordinario in Roth è proprio questo, il continuo giocare, il filo che scorre fra l'assurdo ed il verosimile, straordinaria indagine dell'istinto e del pensiero umano, psicologia dell'impossibile che diviene verosimile. Ecco la straordinarietà di Roth. Valicare i confini del paradosso, e riuscire a dare comunque un brivido al lettore, quando sfoglia l'ultima pagina.

Philip Roth, Il seno, Torino: Einaudi, 2005
pubblicato per la prima volta in Italia nel 1973 con il titolo La mammella
Edizione recensita: I libri del Sole 24 Ore, edizione speciale, 2011

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